Tempio di Minerva Medica
L’unica testimonianza rimasta dello splendore della villa è il ninfeo, l’edificio oggi conosciuto come Tempio di Minerva Medica, ma in passato anche noto come “Le Galluzze”, probabilmente per corruzione da Tempio di Gaio e Lucio, e come “Tempio di Ercole Callaico”, denominazioni entrambe prive di fondamento.
Negli scavi effettuati in varie epoche furono rinvenute diverse sculture: nel XVI secolo le statue di Asclepio, Igea e le figlie collegate con la scienza medica ed una statua di Minerva con il serpente (simbolo della medicina), da cui l’odierna denominazione (anch’essa impropria come quelle antiche) del monumento. Alla fine dell’Ottocento furono rinvenute altre statue (oggi ai Musei Capitolini), fra le quali due statue di magistrati romani in procinto di lanciare la mappa, l’atto cioè che dava inizio alle corse dei carri nel circo.
L’edificio, risalente al IV secolo d.C., si presenta come una grande costruzione dalla pianta decagona, in origine coperta da una cupola (in parte crollata nel 1828) del diametro di circa 25 metri. Su ognuno dei lati del decagono erano presenti nove nicchie semicircolari, tranne quello di ingresso che forse era scandito da colonne. Al di sopra delle nicchie si aprivano grandi finestroni arcuati che avevano la duplice funzione di fornire la luce e alleggerire la mole dell’edificio. Dieci pilastri fornivano il sostegno alla cupola, la quale, partendo da una forma poligonale, assumeva gradualmente un aspetto emisferico. Probabilmente la struttura dovette avere problemi di stabilità se furono inseriti all’esterno dei contrafforti a sostegno della muratura. Il monumento presenta oggi solamente le murature in laterizio, prive cioè dell’originario rivestimento marmoreo, mentre la cupola era decorata da mosaici in pasta vitrea, parzialmente ancora visibili.
Oggi è certamente difficile credere che fino a pochi decenni fa l’edificio si trovasse in aperta campagna, ma purtroppo l’urbanizzazione dell’Esquilino e la costruzione della limitrofa ferrovia, entrambi avvenuti alla fine dell’Ottocento, contribuirono a svalorizzare sia l’importanza sia la bellezza del monumento.